In una situazione mondiale dove l’aspettativa di vita va sempre più allungandosi, aumentano vertiginosamente i disturbi di tipo cronico a cui diventa necessario far fronte, e tra questi, molti ricadono a livello dell’apparato gastro-intestinale. Una delle situazioni più difficili da gestire è la sindrome dell’intestino irritabile (IBS, o Irritable Bowel Syndrome).
Questo articolo, scritto a 4 mani con la dott.ssa D’Urso, nasce quindi dalla necessità di dare informazioni affidabili su questo complesso argomento, peraltro mai abbastanza conosciuto.
Istruzioni per l’uso
Trattandosi di un approfondimento piuttosto lungo (tempo di lettura: 10 minuti), vorrei riassumere qui i punti chiave per tutte quelle persone che vorrebbero saperne di più, ma non hanno del tempo da dedicare a questo tema:
- La sindrome dell’intestino irritabile, la cui causa è ancora dibattuta, è diffusissima e mal gestita;
- Spesso i sintomi hanno un forte impatto sulla qualità di vita della persona affetta;
- È possibile migliorare lo stato delle persone con IBS attraverso una dieta ed una integrazione probiotica adeguata;
- Studi molto promettenti vedono nell’osteopatia un valido complemento per alleviare i sintomi da IBS.
Fine.
Soddisfatti? No? Allora, l’articolo per intero è quello che fa per voi. Buona lettura!
Cos’è la sindrome dell’intestino irritabile
L’IBS viene definito come un disturbo cronico dell’apparato gastroenterico non riconducibile ad alterazioni strutturali o biochimiche dell’intestino (fonte: PubMed). I sintomi dell’intestino irritabile sono vari, tra cui:
- Dispesia (quella sensazione di fastidio o dolore all’ingestione di sostanze liquide o solide)
- gonfiore addominale
- dolore addominale
- scariche diarroiche alternate a periodi di stipsi ostinata
Nonostante si conosca da oltre 150 anni questa fastidiosa condizione (fonte: PubMed), ancora oggi mancano farmaci sicuri ed efficaci, ed il trattamento dell’IBS rappresenta una vera e propria sfida (fonte: PubMed) . Questo ha portato a considerare anche ulteriori forme di terapia come aiuto nel migliorare la qualità di vita di tutti coloro che abbiano problemi di questo genere (fonte: PubMed).
Perché è così importante aiutare una persona con IBS?
Provate a chiedere ad una persona con intestino irritabile come vive la propria vita, ed avrete immediatamente la risposta: sentirsi costantemente appesantiti, avere dolori addominali anche piuttosto forti e problemi altalenanti al momento dell’andare in bagno, che possono insorgere in qualsiasi momento della giornata. Tutto ciò significa avere una qualità di vita compromessa, oltre ad essere fonte di assenza da lavoro, multipli consulti medici, ospedalizzazioni (fonte: PubMed) e una enorme quantità di farmaci consumati nel tentativo di controllarne i sintomi (fonte: NIH).
L’IBS rappresenta il 12% dei motivi di consulto al medico curante, e senza dubbio il primo problema riportato nelle cliniche di gastroenterologia (fonte: PubMed).
Come se non bastasse, la sintomatologia dell’intestino irritabile non è solo a livello addominale, ma si correla anche con mal di schiena cronico (di cui ho già parlato più in dettaglio qui e qui), o mal di testa (che ho approfondito qui), come documentato in letteratura (fonte: PubMed).
Perché non si risolve la situazione solo con i farmaci?
Una risposta definitiva, come spesso accade in medicina, non c’è ancora. È comunque importante sapere che la concezione di cosa possa causare questa condizione si è evoluta moltissimo, passando da una visione centrata sull’aspetto di motilità intestinale (quindi connessa alla struttura-intestino) ad una molto più vasta, che vede in gioco molti aspetti:
I livelli di infiammazione a livello intestinale e l’esposizione a stress intensi e/o ripetitivi sembrerebbero essere connessi allo sviluppo di ipersensibilità a livello intestinale (fonte: PubMed), a causa di cambiamenti nella regolazione del sistema nervoso centrale, autonomo ed enterico (cioè quel sistema nervoso proprio della mucosa intestinale).
Questi cambiamenti della regolazione coinvolgono anche i sistemi ormonale, immunitario e psicologico.
Il risultato finale sarà un’alterazione della complessa interazione cervello-intestino (chiamata in gergo brain-gut axis), creando il terreno ideale per lo sviluppo della sindrome da colon irritabile.
Posso migliorare la mia condizione attraverso un’alimentazione adeguata?
È importante che la persona sappia che, dopo la diagnosi di IBS effettuata dal gastroenterologo, è possibile alleviare la sintomatologia, allungare i periodi di remissione, prevenire patologie legate alla sindrome dell’intestino permeabile e migliorare la qualità della vita mediante l’intervento nutrizionale. Questo si esplica attraverso un piano alimentare adeguato e personalizzato, e una particolare attenzione all’equilibrio della componente batterica intestinale.
L’anamnesi che il nutrizionista effettua durante il primo incontro è uno strumento fondamentale e imprescindibile, così come la valutazione di un eventuale rischio nutrizionale dovuto ad assorbimento disfunzionale. È necessario ricordare che l’attività dell’apparato gastroenterico è influenzata, oltre che da fattori generali e sporadici, anche e soprattutto da fattori individuali, fra i quali quelli genetici, alimentari, stressogeni ed emozionali. E questo non dovrebbe stupirci: l’intestino rappresenta infatti l’interfaccia che il nostro organismo interpone fra l’esterno e l’interno. Ogni cibo di cui ci nutriamo fa parte in realtà dell’ambiente esterno fino a quando non viene assorbito nelle sue singole parti. Inoltre, si tratta di una interfaccia davvero molto complessa dal punto di vista anatomo-funzionale, ricca com’è di enterociti assorbenti, terminazioni nervose, cellule immunitarie, tessuto neuro-endocrino e componente batterica. Quest’ultima rappresenta un vero e proprio organismo nell’organismo, costituendo quello che ormai conosciamo con il nome di microbiota intestinale, implicato in molteplici funzioni, tra le quali l’assorbimento dei principi nutritivi, e parte dei nostri sistemi di difesa a livello intestinale.
Alla luce di queste osservazioni risulta comprensibile il motivo per cui, se l’equilibrio di questo complesso sistema intestinale si altera, come avviene nell’IBS, le conseguenze sul nostro benessere possono essere macroscopiche e considerevoli, sia a breve che a lungo termine.
Nei pazienti con IBS il cibo rappresenta in generale il primo vero fattore precipitante: è dopo il pasto, infatti, che queste persone lamentano la maggior parte dei sintomi, spesso in seguito all’assunzione di particolari alimenti. Questi sintomi sono riconducibili a una serie di fenomeni, fra cui allergie, intolleranza o iper-suscettibilità al glutine, disbiosi intestinale (fra cui la SIBO, Small Intestinal Bacterial Overgrowth) sostenute da abitudini alimentari (o, a volte, integrazioni probiotiche) scorrette.
Gli approcci dietetici all’IBS sono diversi e tutti supportati da un’ampia letteratura scientifica (Portincasa-2017-Irritable bowel syndrome and d.pdf).
Uno dei regimi alimentari più recentemente utilizzati è la dieta Low Fodmap. Per Fodmap si intendono quei piccoli carboidrati fermentescibili che, fermentando, appunto, producono metano, idrogeno e acidi grassi a catena corta, provocando distensione addominale e i tipici sintomi associati. In alcuni studi recenti è risultato che la dieta a basso contenuto in Fodmap si associa a un miglioramento della sintomatologia e quindi della qualità della vita (fonte: aspen).
Un altro approccio è rappresentato da diete ad alto contenuto di fibre alimentari, particolarmente adeguate a fronteggiare la stipsi. Le fibre maggiormente utilizzate con buoni risultati sono lo Psyllium e la gomma di Guarr parzialmente idrolizzata (fonte: NIH). Lo scopo di questi interventi è duplice: creare massa fecale che solleciti la peristalsi e promuovere la sintesi di acidi grassi a catena corta a partire dalla fibra da parte dei batteri microbiotici.
La dieta priva di glutine risulta spesso vantaggiosa, almeno nell’immediato, nei pazienti in cui la IBS è conseguenza di una elevata suscettibilità al glutine (Gluten Sensitivity o sensibilità al glutine non celiaca) in assenza di celiachia. Per l’assenza di chiare evidenze in letteratura e per il rischio di peggioramento sintomatologico in caso di contaminazione accidentale da glutine, è bene consigliare la moderata riduzione e non l’eliminazione totale di glutine, adeguando e bilanciando attentamente il piano alimentare nel suo complesso.
Anche la dieta deprivata di quegli alimenti che risultano fastidiosi per gli individui con IBS rappresenta un approccio utile. Questo tipo di pratica, supportato dalla letteratura (fonte: NIH), risulta nella pratica quello più efficace. Presenta però lo svantaggio di esporre il paziente al rischio di deficit e carenze nutrizionali, soprattutto se gli alimenti esclusi sono numerosi e di grande importanza per la copertura dei fabbisogni alimentari. È necessario, dunque, fare una scelta attenta dei cibi da escludere e bilanciare meglio possibile la dieta così deprivata, aiutandosi eventualmente con un protocollo di integrazione parallelo e adeguato da caso a caso.
Il lavoro sul piano alimentare verrà peraltro accompagnato da quello sul microbiota intestinale: la scelta di prodotti pre-, pro-, simbio- e post-biotici deve essere personalizzata, proprio per garantire la riuscita del trattamento. Esistono già in rete dei data-base utili e di agile consultazione (fonte: microbioma), così come un’ampia letteratura specifica e di riferimento. (fonte: NIH ; fonte: APS)
Il ruolo dell’osteopatia in caso di IBS
Quando si lavora con una persona, sono molti i casi dove più situazioni si intrecciano, ed il più delle volte questo rimane inosservato. Quale filo rosso colleghi sintomi di sistemi differenti è materia di studio e approfondimento continuo.
Il razionale di approccio osteopatico non si rivolge al trattamento della singola affezione, quanto più a identificare quelle aree e strutture corporee che esprimano una disfunzione nel movimento, chiamata più propriamente disfunzione somatica (se vuoi sapere di più, puoi guardare anche qui). Questo vuol dire che possono esserci situazioni (come la IBS) nelle quali i sintomi raccontati sembrano essere connessi ad una problematica viscerale, ma non lo sono.
Se nella raccolta dati mi viene riferito dolore addominale di lunga durata, per esempio, non do mai per scontato che sia per forza frutto di patologie viscerali, anche se il paziente in questione riferisce diagnosi di sindrome dell’intestino irritabile.
È possibile ritrovare molto frequentemente dolore addominale causato dall’intrappolamento di nervi periferici, come gli intercostali nel loro percorso attraverso i piani muscolari (fonte: PubMed), o dolore causato da trigger points presenti nelle strutture muscolari stesse (fonte: NHI).
Molto spesso queste situazioni passano inosservate, anche allo specialista di turno. Si stima che fino al 30% dei casi di dolore addominale cronico originino da anomalie della parete addominale non sempre riconosciute, portando ad esami diagnostici inappropriati e trattamenti inefficaci (fonte: NHI).
La terapia manuale può agire efficacemente su questo tipo di problematiche, sia per quanto riguarda il dolore miofasciale (fonte: PubMed), sia in caso di nevralgia intercostale (fonte: NHI) o svariate sindromi di intrappolamento (fonte: PubMed).
Che fare però quando la sintomatologia è davvero attribuibile a situazioni disfunzionali come la IBS? In osteopatia parliamo molto della componente viscerale, e della possibilità di influire su di essa, ma com’è possibile? Esiste una fittissima rete di relazioni anatomiche che “ancorano” le strutture viscerali al sistema muscolo-scheletrico, come anche relazioni neurologiche gestite per via autonoma dal sistema nervoso, che consentono agli organi di compiere il loro lavoro. Proprio la possibilità di poter avere un miglior equilibrio a livello del sistema nervoso autonomo (SNA) (fonte: NHI) potrebbe essere alla base del beneficio riscontrato dai pazienti.
Cosa è stato dimostrato
Nel corso degli anni sono stati condotti svariati studi sui benefici che il trattamento manipolativo osteopatico (TMO) ha in persone con disturbi del sistema gastro-intestinale, tra cui reflusso gastro-esofageo (ne ho già parlato qui) e sindrome dell’intestino irritabile. Un gruppo di ricercatori ha selezionato gli studi più validi e li ha sottoposti ad una revisione, concludendo che, nonostante siano necessarie ulteriori ricerche per determinare i meccanismi precisi degli effetti terapeutici dell’osteopatia, e nonostante questi studi mostrino una serie di limitazioni (tra le quali il numero ridotto e la dimensione relativamente piccola del campione), i dati sono incoraggianti e ci spingono a continuare a indagare sui benefici del trattamento osteopatico su pazienti affetti da IBS (fonte: NHI).
Le ricerche condotte consentono di affermare che l’osteopatia possa essere d’aiuto nel migliorare il benessere generale dei pazienti, e ridurre la sintomatologia dell’IBS, in special modo:
- Dolore addominale
- Costipazione
- Diarrea
È importante anche notare che non sono stati rilevati eventi avversi gravi causati dal trattamento osteopatico, rendendolo quindi un trattamento estremamente sicuro.
Come funziona una seduta di osteopatia
Il trattamento osteopatico è un trattamento manuale dolce, non invasivo, e non si avvale né di farmaci, né di chirurgia. In special modo, le tecniche viscerali sono tecniche manuali dirette a tutti quei tessuti muscolari e connettivali che costituiscono l’involucro di contenimento dei nostri visceri, tra cui ovviamente l’intestino.
Se a questo punto ti stai chiedendo se si debba necessariamente ricercare un osteopata visceralista per poter beneficiare di tutto questo, la mia risposta è chiara, e te l’ho riportata qua
Ancora un suggerimento
Sapevi che i disturbi del sonno sono connessi a doppia mandata con la presentazione di svariate condizioni croniche, tra le quali anche l’intestino irritabile (fonte: NHI)?
Ricorda di non sottovalutare mai l’igiene del sonno! Se vuoi saperne qualcosa di più, ne ho già parlato qui